FUOCO FUORI LE MURA
è un programma di visite guidate, performance
e mostra curato da Valeria Apicella
per il Maggio dei Monumenti 2025 - Napoli cuore ardente, mente illuminata)
Il percorso Ad Carbonetum invita i visitatori a scendere l’asse CCC (via Cirillo, via Carbonara, Porta Capuana) come un cammino immerso nella storia tra i due regni, angioino ed aragonese, e racconta l’allargamento delle mura di Napoli nonché la rigenerazione che ha comportato.
Fuoco fuori le mura nasce dall’immagine dei rifiuti che si bruciavano su via Carbonara che un tempo era il Campus Neapolis, zona periferica di palude, territorio incolto e caotico fuori della città. In questa area si giocavano le antiche giostre, tradizione di combattimenti che diventavano veri spettacoli per chi, affacciato dalle balconate del palazzo Caracciolo, godeva della vista delle lotte. Cosi la visita guidata salta tra i due momenti storici che vedono l’anello di Napoli allargarsi per formare la nuova cinta muraria, includendo via Carbonara, la chiesa di San Giovanni a Carbonara, il chiostro monumentale del Lanificio Borbonico e l’imponente Porta Capuana.
Il racconto di Ad Carbonetum introduce anche la leggenda di Sant’Antonio Abate da cui prende nome un borgo della quarta municipalità, il Bùvero di Sant’Antonio. La figura dell’eremita richiama il “fuoco di Sant’Antonio” che affiora sulla pelle, e l’antica tradizione legata al ceppo del 17 gennaio, primo fuoco del carnevale, rito di passaggio per le giovani generazioni e notte in cui gli animali parlano.
Tante suggestioni che ispirano la performance Campus Neapolis, in cui si mette in scena un ring e si combatte una giostra tra due squadre di corpi che attingono a due fisicità diverse. I bianchi ed i neri, poveri e ricchi, si fronteggiano e si mostrano a modi parata, come a simboleggiare le faide medioevali.
La performance e la mostra, terzo ed ultimo movimento di Fuoco fuori le mura, sono presentate come due focus sulla storia di cui sopra. Mentre la performance attiva una riflessione viva sulla fisicità, sul corpo che si accende con la lotta e sulla pelle dell’uomo che lotta, cosi la mostra Sant’Antonio, il fuoco e la pelle indaga la pelle degli animali che in questa zona di Napoli è diventata elemento di produzione.
Difatti via Cirillo ospita negozi di pellami che riforniscono le fabbriche e artigiani della produzione di borse, scarpe, ecc. La pelle degli animali diventa nel corpus di opere realizzate da Valeria Apicella un elemento contemplativo che ribalta il senso della produzione. L’artista recupera i resti delle pelli con le forme al negativo degli oggetti prodotti e da queste forme ne crea altre, ricercando in esse una reminiscenza di natura e di poesia.
Lavorare la pelle richiede di entrare in relazione con quei corpi di mestiere che hanno macchine adeguate e tecniche tradizionali per assemblare. Cosi il progetto indaga anche la trasmissione, la conquista di antichi saperi artigianali della zona.
Fuori le mura, il fuoco è quasi profetico, a volte ardente rabbia, a volte elemento di elaborazione artigianale. Diventa nella video installazione della mostra un crepitio quasi melodico, una luce che perfora il muro della mente facendoci viaggiare nella leggenda dell’inferno insieme al santo, li dove percepire le fiamme prima ancora che esse diventino immagine.
Sant’Antonio, il fuoco e la pelle riflette cosi sulla memoria, sull’ecologia, e in maniera trasversale soffia sul concetto di ecosomatica, dove il soma è sia umano che organico.
L’iniziativa è promossa efi nanziata dal Comune di Napoli nell’ambito del Maggio dei Monumenti 2025 – “Napoli cuore ardente, mente illuminata”, e organizzata in collaborazione con la Municipalità 4.
